In prima pagina sul Guardian, per la seconda volta in pochi giorni. L’inca, il patronato della Cgil, conquista il quotidiano britannico, tra i più importanti e influenti del mondo, che nell’ultima settimana ha dedicato ben due reportage al lavoro svolto dall’ente di assistenza sindacale nel Regno Unito, a cavallo e dopo la Brexit, a favore degli italiani residenti in UK che, in questi giorni, sono alle prese con le complicatissime procedure imposte dal governo per continuare a risiedere sul suolo britannico. Storie come quella di Antonio Finelli, arrivato a Londra nel 1952: c’era stata la Seconda Guerra Mondiale, il Regno era stato bombardato e servivano immigrati per ricostruire. Sessantotto anni dopo – all’età di 95 anni – le autorità gli chiedono se davvero è stato lì: deve portare prove e testimonianze, deve compilare oltre ottanta pagine di moduli e barcamenarsi con una nuova “app”. Altrimenti deve andarsene.
Storie come quella di Giovanni Palmiero, un assistito di 101 anni, residente nella City dal 1966 quando ha iniziato a lavorare in un ristorante di Piccadilly, cui hanno chiesto – incredibile ma vero – che fossero i suoi genitori a confermare la sua identità. Suo figlio Assuntino ha detto: “È un’umiliazione, sei qui da così tanto tempo e all’improvviso succede. Non sono preoccupato per lui perché la questione dovrebbe risolversi, ma è completamente ingiusto nei confronti degli anziani”.
Ad assistere Giovanni, Antonio e migliaia di altri italiani, una rete di volontari dell’Inca Regno Unito. Tra questi Dimitri Scarlato: “Ho elaborato circa 500 domande e metà di esse sono destinate ad anziani. La metà di queste persone non è stata trovata dal sistema che chiede loro di provare la propria residenza anche se risiedono qui dagli anni ’50 e ’60”, dice Dimitri Scarlato al Guardian. Un lavoro, quello dell’Inca nel Regno Unito e all’estero, considerato di eccellenza a livello internazionale e che è stato notato anche Oltreoceano, negli Usa, dove a parlarne è stato ieri il New York Post. Così come hanno fatto l’Irish Times e diversi quotidiani polacchi, spagnoli, croati oltre, naturalmente, a giornali italiani come Repubblica e Il Fatto Quotidiano.
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